Difficile dimostrare che il Comune di Milano imbosca deliberatamente gli autovelox (non solo quelli vecchi, ma anche quelli attivati da questi giorni) per fare tanta cassa (almeno fino a quando gli utenti abituali non si accorgono che esistono, a suon di verbali). Ma è incontrovertibile che le postazioni fisse piazzate in città nel 2014 e in questi giorni sono poco visibili per una serie di ragioni tanto nutrita da far venire il dubbio che non si tratti di pure coincidenze. E poi c’è un filo tra questa e altre storie simili, nelle quali si sfruttano le pieghe delle norme che impongono trasparenza sugli autovelox per continuare di fatto a nasconderli (come ho spiegato in questo articolo): l’assenza di spiegazioni sull’effettiva necessità di piazzare misuratori di velocità proprio dove si è deciso di metterli.
Infatti, anche il comunicato con cui l’assessore Marco Granelli ha annunciato l’entrata in funzione del primo dei nuovi autovelox, quello di viale Palmanova in direzione centro, si limita ad affermare genericamente che l’iniziativa serve per la sicurezza, senza citare una sola statistica sugli incidenti accaduti in quel viale negli ultimi tempi. Esattamente come fece la Provincia di Milano quando installò le postazioni fisse di controllo sul tratto appena raddoppiato della Paullese, tra Mediglia e Pantigliate.
Ma ancora più clamoroso è il caso del tratto della SS 16 (la statale Adriatica) tra Foggia e Cerignola: divenuto superstrada a doppia carreggiata nel 2009, poco trafficato e quasi del tutto rettilineo (quindi velocissimo, almeno in teoria), non ha mai visto incidenti che hanno preoccupato gli esperti che lo conoscono. Eppure il Comune di Cerignola vi ha piazzato quattro postazioni (due per senso di marcia), quello di Ortanova due (una per senso). Dunque, sei controlli di velocità in una sessantina di chilometri (trenta in direzione nord e altri trenta in direzione sud): una concentrazione degna di un’emergenza nazionale (magari le istituzioni si fossero attivate così di fronte ai cavalcavia che crollano e alle carenze di revisioni e guard-rail che quattro anni fa fecero morire 40 persone in un colpo solo).
Quali invece siano i veri scopi di tanto zelo lo suggeriscono due cose:
- il fatto che il Comune di Ortanova si è fatto mettere fuori uso le postazioni dall’Anas, che contestava un posizionamento in punti diversi da quelli autorizzati dal gestore della strada (e non a caso parliamo di punti ben poco visibili);
- l’attivismo mostrato negli anni nella fornitura di autovelox dall’ex-direttore dell’Aci di Foggia, passato poi alle cronache per una condanna della Corte dei conti a restituire 800mila euro.
Questo non vuol dire che non ci siano controlli di velocità effettivamente utili o tecnici e politici che la sicurezza ce l’hanno a cuore sul serio e fanno tutto quel che possono per migliorarla: generalizzare è sempre sbagliato e fornisce comodi alibi a chi non li merita. Ma occorre fare pulizia di tante dichiarazioni ufficiali sulla sicurezza che invece nascondono ragioni di business.
Ora per fare pulizia uno strumento c’è: il nuovo Dm Infrastrutture, che ha dato valore vincolante a tutte le direttive precedenti per la trasparenza dei controlli. Ora chi non lo rispetta rischia non solo che i trasgressori multati ingiustamente si facciano annullare le multe dal giudice di pace (in fondo chi presenta ricorso è solo una minoranza dei multati), ma una condanna penale per abuso d’ufficio. Vedremo se i cittadini e le istituzioni preposte a vigilare denunceranno gli abusi alle Procure.