Quando crolla un cavalcavia (e ormai in Italia “crolla” va usato come forma di presente abituale), i media chiedono controlli su tutti gli altri e i potenti annunciano grandi campagne per tranquillizzare tutti. Così è andata anche il 18 aprile, quando due carabinieri a Fossano (Cuneo) si sono salvati per miracolo dall’ennesimo crollo. I lettori che non si bevono i comunicati ufficiali (né le giaculatorie di circostanza dei grandi commentatori dei grandi giornali) già si chiedono se ci sono soldi per fare tutto questo. Ma prima occorre farsi una domanda ancora più avvilente: sappiamo cosa controllare? La risposta è ancora più sconfortante: NO!
Il primo segnale era arrivato a ottobre 2016, con l’indegno scaricabarile tra Anas e Provincia di Lecco subito dopo il crollo di Annone, sulla SS36, costato la vita a un automobilista. La conferma l’abbiamo avuta ieri pomeriggio, quando a Fano (Pesaro) la circolazione è andata in tilt per la chiusura di un cavalcavia sull’autostrada A14 (qualche decina di chilometri più a nord di quello crollato l’8 marzo uccidendo due automobilisti) per la caduta di calcinacci. Ancora fino a sera le agenzie di stampa scrivevano che non si riusciva a capire esattamente di chi fosse la competenza sul cavalcavia. L’unica mezza verità, riportata dall’Ansa quando erano ormai le 20,46, è stata che “allo stato non risulta che il ponte sia tra le strutture la cui competenza tecnica è di Autostrade per l’Italia”.
Tutto sarebbe più facile se si facesse finalmente il catasto delle strade, previsto da decenni. Ma al ministero delle Infrastrutture l’ufficio che dovrebbe occuparsene risulta senza una guida stabile. Come faremo a fare presto tutti i controlli promessi?