Mettiamo il caso che veniate coinvolti in un incidente grave. Le responsabilità sembrano chiarissime: c’era un guidatore ebbro, magari anche giovane, che andava forte e ha causato una carambola tra più auto, con un morto. Insomma, la tipica situazione per la quale s’invocava la legge sull’omicidio stradale: bisogna punire questi pirati. Eppure finite indagati anche voi. Dunque, dovete pagarvi un avvocato, sottoporvi almeno a un interrogatorio e attendere che l’inferno che vi è cascato in testa finisca. Infatti, il pirata avrà tutto l’interesse a tirarvi in ballo, perché quella legge – anche giustamente – prevede che egli potrà ottenere sconti di pena se si dimostra che c’è un concorso di colpa. Il fatto che voi restiate sulla graticola per mesi, per il sistema giudiziario, è solo un dettaglio.
D’accordo, questo è un caso limite. Ma in tanti altri casi non va molto meglio. Le lungaggini sono all’ordine del giorno: come Guido Camera (avvocato penalista esperto) e io stesso abbiamo scritto sul Sole 24 Ore già durante l’iter di approvazione della legge, la posta in gioco è alta e chi ha colpa si gioca tutto il possibile per limitare i danni. Con buone possibilità di riuscita, peraltro: molto dipende dalle perizie e dai rapporti di polizia e qui non si può dire che la professionalità sia sempre garantita (il sistema è sempre andato così e fino a quando la posta in gioco era bassa tutti lo accettavano).
Così ci rimette soprattutto la vittime, cioè proprio il soggetto che in teoria si voleva tutelare con questa legge: le lungaggini fanno tardare il risarcimento del danno.
Sul Sole 24 Ore di oggi, Guido Camera ha scritto mezza pagina per dimostrarlo. Con ragionamenti tecnici concreti, caso per caso. Buona lettura.