Tra le tante partite Italia-Germania a cavallo tra l’economia e la politica, ce n’è una di cui non si parla. Riguarda l’auto, come il Dieselgate, ma non ha la sua “forza”. Anche perché, pur essendo potenzialmente inquietante (vetture che rischiano di esplodere), riguarda pochi esemplari: le rare Mercedes a metano, che montano bombole in compositi (CNG4). Il costruttore, spalleggiato dalle autorità tedesche, sostiene che per revisionarle non sia necessario smontarle, come invece è prassi in Italia (noi abbiamo una lunga tradizione col metano e la onoriamo non lesinando sulla sicurezza). I fatti dicono che ha ragione l’Italia: come ha scritto Cosimo Murianni su Quattroruote di novembre, alcuni incidenti dimostrano che serve la prova concreta di pressione e non basta un’ispezione visiva come vorrebbero i tedeschi.
Così l’Italia si è intestardita a imporre lo smontaggio per effettuare tutti i controlli che da noi sono regola. Ma smontare bombole così richiede mani esperte, finora individuate solo nelle officine della rete assistenziale ufficiale Mercedes. Con la conseguenza che i proprietari delle vetture devono mettersi in coda e magari circolare per settimane a benzina. Alla faccia di ecologia e risparmio promesse dal metano.
La Motorizzazione, nonostante tutte le sue difficoltà, ha continuato a lavorarci. E il mese scorso, come ha informato SicurAUTO, ha esteso la possibilità di intervenire a tutte le officine abilitate a operare sugli impianti a gas. Lo ha fatto con una circolare del 30 novembre (protocollata col numero 26752-Div3/H), che detta anche le modalità da seguire. Vedremo se i problemi per gli utenti finiranno. E se l’Italia riuscirà a mantenere il proprio regime giustamente severo nonostante gli strali tedeschi. Che, col prevedibile declino del diesel a favore delle propulsioni più “pulite”, potrebbero intensificarsi.