La sentenza era di una banalità sconcertante: difficile credere che si arrivi fino in Cassazione per sentir affermare che un segnale va ripetuto se si vuole che l’obbligo o il divieto che contiene valgano anche dopo un incrocio. Eppure è proprio quel che si legge nella sentenza 11018/2014, depositata ieri (11018). Succede quando i giudici lavorano male.
Infatti, un automobilista era stato multato per essere andato a 60 all’ora anziché a 50 subito dopo un incrocio sulla statale 106 Jonica. Prima dell’incrocio c’era in effetti il segnale dei 50, che però non era stato ripetuto dopo. Il Comune (di Portigliola, nel Reggino) aveva ribattuto al ricorso dell’automobilista affermando che l’intero tratto era da ritenersi compreso nel centro abitato, per cui il limite da rispettare era comunque 50 e ripetere il segnale sarebbe stato superfluo. A dimostrazione delle proprie ragioni, il Comune ha portato in giudizio la delibera che classificava quel tratto come urbano.
Che cosa avrebbero quindi dovuto fare i giudici di primo e secondo grado? Ovvio: verificare se davvero l’automobilista era stato messo in grado di sapere che stava percorrendo una strada urbana. Dunque, bastava chiedere che venisse dimostrata l’esistenza di un segnale “inizio centro abitato”, dopo il quale si presume che valgano tutte le regole e i limiti previsti dal Codice della strada in città (che non vanno ripetuti dopo ogni incrocio perché siamo all’interno di una zona, regolata in modo omogeneo), fino al punto in cui s’incontra un altro segnale che indichi la fine del centro abitato. E invece nessuno si è peritato di accertare questo, dal 2006 a oggi.
Peraltro, se ciò fosse vero, il Comune avrebbe sbagliato lo stesso: mettere il segnale dei 50 dove si è già comunicato agli utenti che si è in centro abitato è superfluo (si spendono soldi pubblici inutilmente), diseducativo (si fa credere che in ambito urbano il divieto di superare i 50 esiste solo se c’è il segnale di limite di velocità) e, come si vede in questo caso, ingannevole. Provate a vedere se queste cose le fanno anche all’estero…
Ora la Cassazione ha rinviato la causa al secondo grado, proprio perché si faccia questo accertamento. Non sarà nemmeno facile venirne a capo: o lo stato dei luoghi risulterà inequivocabilmente fotografato da documenti dell’epoca oppure sarà difficile ricostruirlo adesso con un sopralluogo.
Di sicuro avremo perso quasi una decina d’anni, speso migliaia di euro e contribuito ad intasare la giustizia civile per una stupidaggine.