Il tam tam tra gli addetti ai lavori era partito più di un mese fa, la prima denuncia pubblica l’aveva fatta l’Unasca (la principale associazione di agenzie e autoscuole) a fine aprile. Così tutti hanno saputo che stavano finendo le targhe, rischiando tra l’altro di soffocare la lieve ripresa delle immatricolazioni registrata in questi mesi. La Motorizzazione non aveva smentito, ma ora è arrivata la conferma: il Poligrafico dello Stato ha ammesso che, rispetto al fabbisogno reale, mancano circa 10mila targhe. Si sta però lavorando per recuperare, istituendo un turno in più nello stabilimento di Foggia, l’unico che produce targhe in Italia.
I chiarimenti sono contenuti nella lettera con cui il Poligrafico (cui l’articolo 100 del Codice della strada attribuisce il monopolio della produzione di targhe) ha risposto alle rimostranze dell’Aniasa, l’associazione dei noleggiatori. Ufficialmente si chiude così una vicenda che aveva anche generato voci su uno stop della produzione per la scoperta di materiali nocivi e di un decentramento verso l’Albania.
Sembra invece che il problema sia sempre il solito: la mancanza di soldi. Data la crisi delle immatricolazioni, il Poligrafico ha giustamente rallentato la produzione, senza però riaccelerarla quando il mercato ha dato i primi segni d’inversione di tendenza: si è preferito risparmiare sulle spese vive, attingendo alle scorte e attendendo sostanzialmente che si esaurissero.
Una politica sparagnina dovuta al fatto che i soldi che ognuno di noi versa in anticipo alla Motorizzazione quando chiede una targa, in realtà, sono in larga parte trattenuti dal Tesoro e destinati alle esigenze di finanza pubblica più disparate.