Non è solo una banale questione di corruzione e riciclaggio di denaro sporco. L'operazione con cui ieri mattina la Guardia di finanza ha messo nel mirino oltre una ventina di Soa (società abilitate a rilasciare certificazioni di qualificazione per capacità e antimafia ad aziende che partecipano a gare d'appalto per lavori pubblici) potrebbe andare a toccare anche questioni di sicurezza stradale. Infatti, l'inchiesta potrebbe coinvolgere anche l'Italsoa, società in cui s'incrociano le false attestazioni e le imprese del sospetto camorrista Mario Vuolo, che hanno lavorato tanto per Autostrade per l'Italia (Aspi) lasciando una scia pericolosa fatta di caselli e portali segnaletici crollati e cavalcavia a rischio di collasso.
Come faceva Vuolo ad aggiudicarsi i lavori? Si sta indagando da tempo su collusioni con dirigenti della stessa società autostradale e si vedrà che cosa la magistratura riuscirà a dimostrare. Ma un fatto è certo: per dare almeno una parvenza di regolarità agli affidamenti dei lavori (o per ingannare Aspi, nel caso non ci fossero collusioni) bisognava avere documenti almeno apparentemente in regola. E per procurarseli li si falsificava.
Lo abbiamo dimostrato con un Durc (il Documento unico di regolarità contributiva) e il testimone di giustizia Gennaro Ciliberto lo ha denunciato. Ciliberto ha parlato anche di false attestazioni Soa, tirando in ballo appunto l'Italsoa: secondo il testimone, l'amministratore delegato sarebbe vicino al clan camorristico dei Moccia e si sarebbe "messo a disposizione" anche dei Vuolo. Come? falsificando le Soa, appunto.
Il meccanismo di falsificazione è collaudato: come la Guardia di finanza ha già documentato in varie inchieste, l'azienda cui serve l'attestazione finge di acquisire un ramo di un'altra azienda, dopo aver avuto cura di far figurare che esso possedeva i requisiti per la Soa. Con l'incorporazione, anche la prima azienda figurava abilitata e diventava difficile verificare a posteriori la regolarità del tutto, perché poi le aziende in cui restavano tracce venivano chiuse.