Doveva essere la solita, comoda passerella. Ma l'ultima edizione del referendum tra i soci per eleggere la migliore auto dell'anno si è trasformato in una disfatta per la teutonica credibilità dell'Adac, l'automobile club tedesco. Infatti, si è scoperto che i votanti non sono stati 34mila come dichiarato, ma appena 3mila (anche se la più suffragata, la Volkswagen Golf, probabilmente avrebbe vinto lo stesso). Solo un incidente di percorso? Nossignori: la stampa tedesca ha scritto che succedeva così da anni. E nessuno ha smentito. Anzi, dall'Adac sono arrivate scuse, forse più simili a quelle che abbiamo visto fare ai giapponesi in caso di clamorosi difetti (ricordate le gomme che equipaggiavano le suv Ford nel 2000 e i blocchi all'acceleratore delle Toyota Prius nel 2010?). Ma c'è di più: questa fin qui era solo la pura cronaca.
Il punto vero è che i premi alla migliore auto sono un po' come un ricettacolo di cose discutibili.
La prima è la permeabilità dei giurati alle varie pressioni, su cui da decenni ci sono polemiche, che però restano perlopiù circoscritte all'ambiente degli addetti ai lavori. C'è omertà, perché sono in ballo fette degli investimenti pubblicitari delle case automobilistiche, che restano fondamentalmente alti anche ora con la crisi. Uno dei pochi momenti in cui la questione è emersa pubblicamente è stato quando Quattroruote lascio la giuria dell'Auto dell'anno, il premio più prestigioso dell'epoca, una ventina d'anni fa.
La seconda criticità sta nel fatto che questi premi vengono organizzati anche per dare lustro all'organizzatore. Di qui l'"esigenza" di far vedere che votano in molti. Credete che il caso dell'Adac sia isolato? Forse siete fuori strada. Perché l'Adac, per quanto se ne può dire, resta un gigante con i suoi 19 milioni di soci: sarà un dato gonfiato anche questo, ma dubbi sono leciti un po' in tutti i Paesi e comunque 19 milioni sono proprio tanti in più del milione di soci che ha il nostro Aci.