L'Italia ha probabilmente le norme sui guard-rail più severe d'Europa. Paesi avanzati come Germania, Gran Bretagna, Svizzera e Austria hanno norme e barriere molto meno protettive, anche se va considerato che lì per i mezzi leggeri le autostrade non sono a pagamento o sono percorribili con bollini di costo ridotto. E, rispetto all'Italia, questi Paesi hanno meno viadotti e ponti, meno traffico di mezzi pesanti (in percentuale). Quindi meno pericoli che richiedono barriere eccellenti.
Si disse che il Dm 223/92 – il principale che regola la materia in Italia – fosse frutto delle pressioni della lobby dei fabbricanti. Ma è stato aggirato, perché è passata l'interpretazione secondo cui non sono necessari i crash-test imposti dal Dm: basta avere una marcatura Ce, che però si può ottenere dando meno garanzie. Tanto che l'hanno ottenuta anche modelli che risultano bocciati ai crash-test: individuarli non è semplice, perché dal 2007 il ministero delle Infrastrutture non pubblica più sul suo sito gli esiti dei test.
E comunque l'Italia è ancora piena di barriere obsolete e anche quelle nuovo non di rado sono impiegate o montate male. A dimostrazione che una norma non basta: bisogna avere anche la volontà e i soldi necessari per rispettarla.
In Italia, per farlo bisogna essere proprio dei santi. Non solo perché i controlli sono scarsi, ma anche per la mancanza di spazio laterale su strade e autostrade: la maggior parte è stata costruita o rifatta dal dopoguerra agli anni Ottanta, quando le norme erano ben più blande delle attuali. Quindi dominavano le vecchie barriere basse a doppia onda, la cui capacità di mantenere un veicolo in carreggiata erano già limitate. E lo sono ancor più oggi che il peso di camion e auto è molto aumentato. Per queste barriere, all’epoca non era prescritto uno spazio laterale minimo. D'altra parte, erano poco ingombranti.
Da metà anni Novanta, è iniziata la loro sostituzione con barriere ben più pesanti e ingombranti. Trovare uno spazio adeguato è spesso un'impresa. Anche per chi ha le migliori intenzioni e capacità. Guardate questa foto.
Siamo sull'A19 Palermo-Catania, sul viadotto Lo Monaco, poco a nord di Enna. Uno dei non molti tratti in cui le barriere di quest'autostrada sono state adeguate. Ma la sede stradale resta la stessa, cioè strettina, in particolare sui tanti viadotti che la compongono. Così l'Anas, non avendo risorse per allargarli, ha adottato una soluzione ingegnosa: attaccare al calcestruzzo piastre metalliche su cui poggiare le nuove, ingombranti barriere.
Le norme lo permettono e peraltro l'Anas ha fatto tutti i calcoli e le prove per garantire che il guard-rail non ceda. Resta però un dubbio: le ruote destre di un veicolo che lo urti potrebbero finire nel vuoto, facendo assumere al mezzo una posizione non preventivata nei crash-test e quindi facendolo ribaltare. Si rischia dunque di precipitare anche quando la barriera tiene, senza che sia colpa di nessuno. Sono difficoltà strutturali, inconciliabili con i severi requisiti che la normativa nazionale – almeno in teoria – impone.
Se le difficoltà da affrontare sono queste, si capisce perché i costruttori di barriere non sono preoccupati solo per il calo delle commesse dovuto a crisi e tagli, ma anche per i rischi che il montaggio dei loro prodotti comporta. Si rendono conto che un cattivo montaggio, una manutenzione carente o una mancata sostituzione quando necessaria può creare problemi giudiziari e d’immagine anche a loro in caso di incidenti gravi.