Chi lo ha detto che i vigili urbani sono sempre intenti a fare cassa? A Bari, stanno infilando avvisi sotto i tergicristalli di chi sosta abitualmente in una via dove è vietatissimo. Gli avvisi ricordano che è stata commessa l'infrazione e mettono in guardia sul fatto che tra qualche giorno si farà sul serio, perché s'inizierà a multare. Una prassi analoga a quella che decenni fa veniva talvolta riservata agli stranieri in Germania e che all'epoca fece notizia come esempio di civiltà. Poi, in alcuni casi, è sbarcata anche in Italia. Così la domanda sorge spontanea: è giusto avvisare prima di multare, visto che la segnaletica parla chiaro?
Dipende. In un Paese perfetto, se c'è la segnaletica, non dovrebbero essere ammesse discussioni: multare e basta! Però siamo in Italia, repubblica fondata sul disordine edilizio e sulla malasegnaletica. E allora scopriremo che dipende davvero. E che nel caso di Bari non si poteva fare diversamente.
Il caso di Bari lo conosco fin troppo, visto che in quella via ho avuto l'ufficio per tre anni, durante i quali ho visto completarsi e popolarsi il complesso edilizio che è all'origine del problema. Palazzoni inizialmente (primi anni Novanta) destinati a ospitare a prezzi agevolati poliziotti, carabinieri e finanzieri trasferiti nelle grandi città del Sud a "rafforzare il controllo del territorio" dopo le grandi stragi di mafia. Manco a dirlo, i lavori di costruzione sono finiti solo negli ultimi anni, quando di quelle stragi erano rimasti solo il ricordo e i (soliti) misteri, per cui di massicci spostamenti di agenti al Sud non c'era più bisogno.
Così quei palazzoni sono stati in buona parte svincolati: gli appartamenti sono finiti sul libero mercato dell'edilizia privata. Risultato: si sono salvati dal classico destino da dormitori di periferia, per diventare un complesso edilizio di un certo pregio (pur periferico, poco servito e peggio collegato al resto della città nonostante le distanze siano irrisorie, ma anche questo è un classico), in parte adibito a uffici.
Già, gli uffici. In questi anni, se ne sono trasferiti qui a decine, attirando ogni giorno un traffico di centinaia di auto, tra dipendenti e clienti/utenti. La viabilità, però, è stata concepita per molti meno veicoli: strada tanto stretta che non c'è lo spazio regolamentare per sostare ai lati. E così – come praticamente in tutto il resto della periferia barese – ci si è arrangiati: i segnali di divieto sono stati ignorati, sia dagli automobilisti sia dai vigili. Per almeno tre anni. Fino a quando qualcuno non si è lamentato e la grana è scoppiata.
Una soluzione più intelligente ci sarebbe stata: siccome la strada si limita a un tracciato rettangolare che cinge il complesso, nulla sarebbe costato renderla sin dall'inizio a senso unico, prevedendo il volume di traffico generato dagli uffici che si sapeva sarebbero stati impiantati. E, guardacaso, adesso è la soluzione che il Comune sta valutando.
Non è detto che si riesca ad adottarla: magari manca qualche centimetro per rientrare pienamente nei dettami del Codice della strada e delle altre norme in materia. Se fosse effettivamente così, avremmo il paradosso che per essere zelanti sui centimetri ci terremmo due file di veicoli in perenne divieto, soggetti a multe continue ma non parcheggiabili altrove perché intorno è tutta campagna.
Cartolina dall'Italia.