Se non l’avete ancora sentita, eccovi la parola con cui noi automobilisti dovremo familiarizzare nel 2013: “veleggiare”. Dietro questo termine nuovo e leggiadro c’è qualcosa di vecchio e noto: andare in folle. Che torna alla ribalta perché un po’ tutte le case automobilistiche stanno lanciando modelli ibridi e qualcuna anche gli elettrici puri. E anche le case che stentano, come la Fiat, vedono nascere sul proprio territorio iniziativa come quella del Politecnico di Torino, che si allea con l’indotto “orfano” della stessa Fiat per tirare orgogliosamente fuori prototipi che iniziano a mietere successi.
Tra le caratteristiche di quasi tutti questi mezzi c’è il fatto di prevedere tra le modalità di marcia anche quella “a vela”: si solleva l’acceleratore e l’elettronica di bordo “capisce” da sé che il guidatore vuole risparmiare. Così la vettura “si organizza” di conseguenza.
Nulla di nuovo, perché possiamo sfruttare l’abbrivio anche noi sulle vetture tradizionali: basta premere il pedale della frizione. Cosa un po’ scomoda, tanto che qualcuno ha provato a vendere a duemila euro un semplice dispositivo che non fa altro che mettere automaticamente in folle il cambio della vettura tradizionale su cui è installato.
Ma non era pericoloso viaggiare in folle? A scuola guida molti hanno imparato questo. Ma, si sa, non di rado le autoscuole fanno da cinghia di trasmissione nel presente di credenze del passato che sono sempre state sbagliate o che sono diventate sbagliate col tempo.
Allora spieghiamo.
In linea di massima, viaggiare in folle non è troppo pericoloso: la cosa fondamentale per la sicurezza e cioè la frenata non viene messa a rischio quasi per nulla. Infatti, il freno motore oggi è ben poca cosa e gli impianti frenanti moderni sono quasi tutti tanto potenti e resistenti da non averne bisogno. Inoltre, non poter contare sul motore tiene lontani da accelerazioni e rilasci che in qualche caso possono mettere in crisi la stabilità dell’auto (alla quale serve che non si rallenti né si acceleri, altrimenti i pesi possono spostare troppo il baricentro da una curva all’altra.
Non possiamo peró negare che il veleggiare ci ripropone gli stessi rischi di sempre. Come quello di mollare la frizione all’improvviso di fronte a un imprevisto: scaricare a terra all’improvviso la coppia prodotta dal motore può scompensare l’assetto, fino ad arrivare al “blocco ponte” che fa sbandare il retrotreno delle trazioni posteriori (e infatti è un trucco che i piloti più esperti usano). Inoltre, avere a disposizione il motore può servire solo nella parte finale di manovre estreme (come l’evitamento di un ostacolo, quando serve per aiutare il riallineamento); in gergo si chiama “sottosterzo curativo”, nel senso che cura gli effetti di una sbandata “risucchiando” l’auto in avanti, verso una traiettoria rettilinea.