Mi occupai di globalizzazione per la prima volta nell'estate del 1995 e rimasi sorpreso nel sentire esperti che non facevano una piega all'idea che anche una Mercedes potesse essere costruita in India senza perdere in qualità. Oggi la globalizzazione è andata molto avanti, da qualche anno abbiamo tutti l'immagine dei Brics (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica) che ci surclassano con il loro ritmo di sviluppo e il denaro che accumulano. Eppure le auto vendute in Sudamerica non sono ancora sicure quanto quelle vendute in Europa.
La cosa che stupisce di più è che ormai non c'è nemmeno più il motivo-principe dell'arretratezza dell'America Latina e di altre zone del mondo sotto questo profilo: i costruttori non vi commercializzano più modelli ormai decotti o spariti dall'Europa ormai da decenni (per esempio, in Sudamerica la Fiat aveva in listino la 600 – quella dei nostri anni Cinquanta – fino agli anni Ottanta). E allora qual è il motivo?
Da quanto emerge dall'analisi di SicurAUTO, a volte c'è sì un mancato aggiornamento dei modelli (la Polo è ancora quelle della generazione precedente, che da noi non c'è più dal 2009). Ma altre volte il problema sta nella mancanza di accessori, come un congruo numero di airbag: è il caso delle Dacia, che esternamente sono le stesse disponibili oggi nelle concessionarie europee.
Sia come sia, sembra che i costruttori risparmino, magari anche per coprire le perdite che accumulano da anni in Europa. E allora assumono un sapore diverso le tipiche dichiarazioni dei vari big dell'auto, che continuano a dire che i mercati emergenti con la loro crescita sono una garanzia per i profitti e guai a chi resta indietro nella loro conquista. Se i profitti passano anche per questi risparmi, c'è da riflettere