Ma insomma, chi ha ragione? La sinistrorsa Rainews24 di Corradino Mineo, che l'altra mattina titolava sul fatto che il nuovo superbollo sulle auto potenti si applica solo ai "modelli extralusso"? Oppure il Giornale berlusconiano, che nei titoli parlava di stangata praticamente per tutti? Nessuno di tutti e due: la sintesi che è necessaria nei titoli, unita alla politicizzazione dei fatti, fa una miscela devastante per la buona informazione. La verità, come spesso accade, sta nel mezzo: i modelli colpiti da questo superbollo non sono molti, ma può benissimo capitare che i loro proprietari non siano affatto dei super-ricchi. Anzi, uno lo conosco personalmente ed è un cassintegrato ultracinquantenne, con ben poche prospettive di ritrovare uno stipendio normale: ha la colpa di aver comprato nel '99 – quando nessuno poteva prevedere che il nostro mondo sarebbe crollato o giù di lì - una Chevrolet Corvette del '95, alla "bella cifra" di 57 milioni di lire, una decina in più di quanto all'epoca costava una buona "duemila" nuova.
Per capire meglio, partiamo dai numeri asettici. La relazione tecnica al decreto salva Italia (Dl 201/11), citando l'Anagrafe tributaria, parla di circa 212mila auto colpite dalla nuova versione del superbollo; il gettito potenziale annuo, ricavato tassando per 20 euro ogni kiloWatt eccedente i 185, è stimato dalla relazione in 168 milioni di euro. Quindi, rispetto alla prima versione del superbollo (quella da 10 euro per ogni kW superiore a 225, introdotta dal Dl 98/11, la prima manovra estiva), abbiamo una platea poco più che doppia (era appena sotto le 100mila auto) e un gettito più che triplo (prima era di 50 milioni). Se non altro, è un ricavo che giustifica la complicazione di allestire un apposito meccanismo di riscossione e controllo (con le cifre 2011, era più il fastidio che il vantaggio per lo Stato). Anche se questa resta una tassa simbolica, rispetto alla patrimoniale di cui si è parlato per mesi senza poi vararla.
In ogni caso, stiamo parlando di una quota irrisoria sui 35 milioni di autovetture che si stima siano attualmente in circolazione in Italia. Dunque, apparentemente una questione per pochi ricchi: che se lo paghino, il superbollo!
Poi però bisogna pensare che un'auto potente non è necessariamente di lusso. Sia perché ci sono modelli che puntano tutto sulla potenza del motore tralasciando il resto: la spartana Chevrolet Camaro sta per tornare in vendita in Italia offrendo circa 300 kW/400 cv a 40mila euro, praticamente la metà di tante auto di pari potenza e più o meno quanto occorre sborsare una Giulietta Quadrifoglio da 173 kW/235 cv accessoriata al top o una station griffata (ma non lussuosa) "compatta" come Audi A4, Bmw Serie 3 o Volvo V60. Sia perché molti modelli blasonati non lo sono abbastanza da diventare da collezionisti, quindi si svalutano molto: i primi proprietari, gente danarosa sensibile alle mode, passano presto all'auto che le soppianta come cult del momento e riescono a rivendere la "vecchia" solo ad appassionati che stringono la cinghia per togliersi uno sfizio e ancor più la stringono dopo, a causa dei costi di manutenzione e dei consumi, senza contare bollo e assicurazione.
Proprio da questo popolo di appassionati sto ricevendo quesiti sul nuovo superbollo, infarciti di giuste lamentele (eccone una Scarica Lettera protesta superbollo). Del tipo: "Per far mandare giù agli italiani questa manovra, hanno riempito loro la testa con l'equità. Ma questo superbollo è il massimo dell'iniquità: colpisce anche auto vecchie che oggi valgono 10-20mila euro, possedute da poveri cristi. Mentre oggi un ricco che spende 70-80mila euro per una suv tremila a gasolio (tipo Audi Q7, Bmw X6 e Porsche Cayenne) non deve pagare alcun superbollo".
Si può ribattere che proprio perché l'auto è vecchia non è giusto concedere uno sconto, anzi andrebbe mantenuta anche sul superbollo la differenziazione tariffaria che penalizza i modelli conformi alle direttive europee antinquinamento meno recenti. Il principio è "più inquini più paghi". Giusto, ma spessissimo le auto di cui stiamo parlando stanno in garage intere settimane, se non mesi: consumano tanto (pensate nell'ultimo periodo, con i rincari a raffica delle tasse sulla benzina), la manutenzione è onerosa e l'assicurazione non ne parliamo (per fortuna ora ci sono polizze attivabili solo quando si esce dal garage). Insomma, tutti ottimi motivi per non andare in giro con vetture del genere, che quindi sono poco utilizzate e nei fatti inquinano meno di quel che sembra.
Purtroppo, non è facile trovare alternative: ai molti che invocano una tassa commisurata al valore dell'auto, bisogna rispondere ricordando tutti i precedenti tentativi di tassare le suv e le supercar. Infatti, non è facile determinare un valore, almeno per quanto riguarda l'usato. Anche il concetto fiscale di "valore normale", introdotto nel nostro settore nel 2006 per contrastare le frodi sulle importazioni parallele, ha senso per esemplari appena acquistati e non per vetture comprate un decennio prima o addirittura ereditate.
Sono convinto che queste mie considerazioni serviranno a poco, di fronte ad altri problemi che toccano milioni di italiani. A cominciare dalle pensioni. Dunque, nessuno piangerà per qualche decina di migliaia di appassionati non ricchi che ora saranno spennati dal fisco, venderanno la macchina (a due soldi) o la intesteranno a qualche prestanome straniero per farla targare all'estero. Ma, per favore, si ammetta che l'equità è un'altra cosa. Tanto più che nella prima, confusa bozza della manovra c'era una modulazione secondo l'età della vettura: segno che qualcuno il problema se lo era posto. Poi che cosa è successo?