Gli accusatori del T-Red scoprono le carte. A 15 giorni dall'inizio del processo di Verona sulla vicenda dei "semafori truccati" che fece scandalo a gennaio 2009 (dopo le avvisaglie del 2007 a Milano), viene resa nota una perizia di parte (Scarica Perizia Menegon) che chiarisce un po' il senso delle accuse. In sostanza, la scheda (più nota alle cronache dal 2009 come "relé") che consente all'apparecchio di capire quando il semaforo diventa rosso per dare il consenso all'attivazione delle riprese della telecamera sarebbe non solo diversa da quella presente nel prototipo di T-Red omologato, ma anche adattata artigianalmente (dal fabbricante del T-Red, si presume) rispetto alla versione venduta sul mercato dal suo produttore. La perizia rintraccia anche materiale informativo in cui quest'ultima azienda dichiara che le schede possono avere malfunzionamenti. E sempre la perizia spiega che probabilmente le modifiche artigianali sono dovute ai malfunzionamenti del T-Red riscontrati sul campo, di cui abbiamo già molto parlato. Quindi, almeno nella parte resa nota, non si accenna alla volontà di truccare i semafori attraverso il T-Red come invece si era letto nelle cronache. Non mi pare di aver letto nulla nemmeno riguardo alla possibilità che l'apparecchio potesse essere manomesso da remoto, come si è detto più volte (ma forse se ne parlerà in altri documenti agli atti del processo). Piuttosto, si chiarisce che il sistema – così com'era – non dava garanzie sul fatto che il tempo sovraimpresso sui fotogrammi fosse quello effettivamente trascorso dallo scattare del rosso. Che significa?
In pratica, il ministero delle Infrastrutture e il Consiglio superiore dei lavori pubblici avevano sempre concesso le approvazioni dei rilevatori di passaggio col rosso prevedendo come garanzie per i guidatori o l'attivazione dell'apparecchio con un minimo di ritardo rispetto all'accensione del rosso oppure la sovraimpressione sui vari fotogrammi dell'istante cui essi si riferiscono (calcolato appunto a partire dal momento in cui è scattato il rosso). Queste due garanzie sono l'una alternativa all'altra e servono per evitare che, a causa dei limiti oggettivi e ineliminabili del sistema di rilevazione (anche perché una vettura è lunga qualche metro), qualcuno venga multato anche quando passa al limite estremo del giallo. Certo, esiste sempre la garanzia rappresentata dal filmato, che si può esaminare per avere almeno un'idea se il veicolo si trovasse davvero vicino alla striscia di arresto quando è iniziato il rosso (il semaforo è sempre inquadrato). Ma la questione resa nota oggi è rilevante, perché – da quanto emerso finora e non smentito (http://www.venetoonline.info/VistaRedIncidenteTecnicoIrripetibile/osservazioni%20relazione%20per%20prof/index.htm) – la maggior parte delle infrazioni rilevate in questa storia riguarderebbe passaggi avvenuti nei primissimi istanti dopo lo scatto del rosso.
Qualcuno, come gli accusatori del T-Red e dei sistemi di rilevazione dei passaggi col rosso in generale, dice che così si truffa la gente perché i multati sono in gran parte persone colte alla sprovvista da un tempo di giallo troppo breve e ulteriormente accorciato proprio quando i sistemi di rilevazione sono stati montati. Occorrerà vedere se ciò potrà essere inequivocabilmente dimostrato al processo e non sarà facile farlo: che io sappia, non esiste una documentazione affidabile su cui sia obbligatorio annotare tutti gli interventi fatti sul semaforo.
Inoltre, a mio modesto parere, la maggior parte dei multati è passata col rosso appena scattato non perché il giallo è troppo breve, ma perché ormai in Italia era diventata prassi non fermarsi col giallo e quindi era fisiologico sforare per qualche frazione di secondo nel rosso. Abitudine pericolosa, soprattutto se consideriamo quello che è il vero scandalo finora accertato: negli incroci italiani molto spesso manca un progetto complessivo, il che – unito al fatto che sui semafori più vecchi nulla garantisce che i tempi di accensione reali delle varie luci siano identici a quelli impostati – li rende insicuri.
Dunque, se anche il processo confermasse le rivelazioni fatte oggi, io continuo a pensare che i guidatori "truffati" siano in realtà persone che quasi sempre avevano l'abitudine di "truffare" il rosso. Su quest'abitudine si è poi inserita la voglia di fare cassa da parte degli stessi Comuni che ancora oggi non spiegano qual era all'epoca e qual è oggi l'utilità dei rilevatori ai fini della sicurezza. Brutta storia, in ogni caso.