Sul "Corriere della Sera" di ieri c'era in bella evidenza un'intervista a Stefania Prestigiacomo, ministro dell'Ambiente alle prese in questi giorni con la bufera mediatica abbattutasi sull'inquinamento. Facendovi grazia di errori e imprecisioni dell'articolo quando si avventura in cose complicate come l'origine delle sostanze inquinanti (non c'è solo il traffico, ma anche caminetti, caldaie, fabbriche, cantieri, eventi naturali eccetera) e il loro peso effettivo sulla qualità dell'aria (varia da luogo a luogo, vi dico solo che a Palermo risentono pure delle sabbie del Sahara portate dal vento), vi riferisco che opportunamente la Prestigiacomo ha detto che ci vuole un piano nazionale, al quale sta lavorando da mesi. Tra le misure previste al momento c'è l'abbassamento dei limiti di velocità nelle aree più a rischio. Funzionerebbe?
In linea di principio, sì: in Francia ci credono e hanno cominciato a metà anni Novanta sulle grandi arterie attorno a Parigi (a cominciare dalla Peripherique, la circonvallazione più interna di Parigi, dove se non ricordo male imponevano i 60 all'ora nelle giornate di maggior smog) e da poco hanno generalizzato i 110 orari sui tratti autostradali delle zone più trafficate. Ma, nella pratica, nessuno può sapere come andrebbe in Italia senza un periodo di sperimentazione seria: cambiano le condizioni ambientali e pure le caratteristiche del traffico (comportamento dei conducenti, composizione del parco veicoli in circolazione).
Il punto è che l'abbassamento dei limiti ovviamente avrebbe senso solo nelle aree dove il traffico ha la maggior responsabilità dell'inquinamento. Ma spesso queste sono zone fortemente congestionate, dove la velocità media effettiva è già molto bassa; penso soprattutto alle tangenziali di Milano, al tratto "fiorentino" Barberino-Incisa dell'Autosole, dove non per niente qualche anno fa la Regione propose i 90, e alla tangenziale di Napoli, dove peraltro il limite di 80 è dovuto a cause strutturali e da quasi un anno vigilato dal Tutor; farebbero forse parziale eccezione Torino, Roma e la pianura veneta (dove i limiti sono più alti e pure le medie).
Si può pensare che un limite più basso abbinato al Tutor riesca a livellare le velocità, per cui a parità di media (e quindi di tempo di percorrenza) ci sarebbero meno accelerazioni e frenate, che incidono su inquinamento (più di quel che si crede, perché pure le pastiglie dei freni emettono polveri sottili quando strisciano sui dischi), CO2 (che non è inquinante, ma solo un gas serra, emesso in misura direttamente proporzionale al consumo di combustibile) e consumi. Ci potrebbe essere un beneficio ulteriore con la presumibile diminuzione degli incidenti e quindi delle emissioni inutili causate dai relativi ingorghi. Ma, se non lo sperimentiamo, non possiamo dire che funziona davvero.
In ogni caso, è positivo che si pensi a un piano nazionale. Da almeno un decennio si sa che le polveri sottili (cioè l'inquinante attualmente più temuto) sono molto mobili nell'atmosfera, quindi è inutile bloccare il traffico in una città quando sulla tangenziale che la circonda continuano ad avere libero accesso mezzi di tutti i tipi e provenienze (pensate al nodo di Milano, che oltre al suo traffico locale deve pure smistare veicoli che percorrono molte tratte nazionali e internazionali).