In giro se ne parla poco, ma nel mondo di autovelox e dintorni è scoppiata da tempo un'altra grana: quella delle postazioni fisse messe in posti autorizzati dai prefetti, ma vietati o comunque non previsti dalla legge. Proprio oggi pubblico sul Sole-24 Ore Sud la notizia che l'attuale prefetto di Crotone ha totalmente rifatto il decreto fatto da uno dei suoi predecessori (Scarica Crotone prefetto), mentre meno di un mese fa la Cassazione ha depositato una sentenza (Scarica Sentenza su postazione automatica in centro abitato). Il comunicato del prefetto va letto tra le righe e la sentenza è incomprensibile, ma mi sembra ormai sicuro che in alcuni casi la legge è stata piegata ai voleri dei Comuni, in altri è stata applicata nel solito modo nominalistico e superficiale della burocrazia italiana, che – di fronte all'obbligo di motivare i propri provvedimenti – riporta motivazioni vacue, non supportate da alcun serio studio.
Per capire entrambe le questioni, ricordiamo che cosa dice questa legge, la 168/02. Nata come Dl 121/02 per – sostanzialmente – imporre di accendere i fari anche di giorno (è ricordata soprattutto per questo), in sede di conversione fu "rimpolpata" anche con l'articolo 4, che disciplina i controlli di velocità e sorpassi senza obbligo di contestazione immediata, anche in postazione fissa non presidiata da agenti (significato che ha preso anche dopo le modifiche sopravvenute col Dl 151/03). La legge stabilisce che questo tipo di controlli è possibile solo su tutte le autostrade, tutte le strade extraurbane principali (quelle superstrade a doppia carreggiata contraddistinte a ogni ingresso dal segnale uguale a quello di "inizio autostrada", ma su fondo blu anziché verde), mentre per il resto della viabilità urbana e sulle strade urbane di scorrimento (i pochi viali a doppia carreggiata dove il limite è di 60 o 70 orari) è ammesso solo sui tratti individuati dal prefetto in base a precisi requisiti. Restano fuori le strade urbane, dove quindi nessun controllo a distanza su velocità e sorpassi è consentito.
Bene, nel caso della sentenza della Cassazione pare di capire che fosse stata installata una postazione in un tratto (del Pisano) autorizzato dal prefetto, ma compreso in un centro abitato (sostanzialmente, un attraversamento urbano lungo una statale o una provinciale compresa nel decreto prefettizio). Mi pare evidente che il prefetto avrebbe dovuto escludere quella parte urbana dai tratti autorizzati e che lì il Comune avrebbe dovuto non rinunciare a controllare la velocità (come forse pretendeva il guidatore multato che ha poi fatto ricorso), ma farlo con le modalità tradizionali (apparecchio presidiato da agenti con tentativo – per quanto possibile – di fermare subito i trasgressori e obbligo di spiegare esaurientemente sui verbali i motivi del mancato fermo, tra i quai sono ammissibili anche le esigenze organizzative del corpo di polizia, che – ha stabilito più volte la Cassazione – non sono sindacabili da parte del giudice). Un po' la stessa cosa accaduta nell'aretino, di cui oggi dà notizia La Stampa (Scarica Arezzo postazioni illegittime).
Quanto al caso-Crotone, se leggete bene il comunicato, vi rendete conto di due cose:
1. l'attuale prefetto, Luigi Varratta, non ha deciso di rifare il decreto perché con gli anni sono cambiate le condizioni della viabilità (dal testo si capisce che sono rimaste sempre le stesse), per cui nel provvedimento precedente c'era qualcosa di sbagliato;
2. che cosa ci fosse di sbagliato lo potete capire nel rigo dove si scrive che il nuovo decreto è il frutto di un lavoro avviato dalla Polizia stradale addirittura la scorsa estate.
Si capisce ancora meglio se si pensa che l'articolo 4 della legge 168/02 impone ai prefetti di fissare questi tratti d'accordo con la Polizia stradale e in base alle caratteristiche plano-altimetriche della strada, al tipo di traffico, all'eventuale presenza di adeguate piazzole o altri spazi utili e opportunamente ubicati per fermare i veicoli e al livello di incidentalità. In sostanza, la postazione fissa si giustifica solo su tratti pericolosi su cui bloccare subito i trasgressori creerebbe solo ulteriori pericoli. Facile a dirsi, ma – come vedete – bisogna verificare tanti di quei parametri che ci vuole davvero uno studio scrupoloso per rispettare la legge. E invece in molte province i decreti furono emanati tra l'autunno del 2002 e l'inizio del 2003, con rapidità quantomeno sospetta. Come al solito, erano pomposamente motivati (cose del tipo "visti gli elevati livelli di incidentalità delle estese considerate"), ma se poi andavate a chiedere qualche cifra concreta tutto si scioglieva come neve al sole.
Una cosa che non si può non notare nel precedente decreto sul Crotonese è la grande frammentazione dei punti di controllo autorizzati. Praticamente uno per ogni Comune attraversato da una strada importante. Che la vera motivazione del provvedimento sia stata quella di garantire a tutti adeguati incassi da multe, senza scontentare nessuno?