E’ dal 2002 che, tutte le volte che è possibile, scrivo qualcosa su quello scandalo nazionale che sono i guard-rail. A sette anni di distanza, molte vecchie barriere sono state sostituite, ma moltissime altre continuato a stare al loro posto: non omologate, deteriorate o mal montate. La vera differenza è che la questione ora è nota ai massimi livelli: le denunce degli operatori del settore, che avevo raccolto in modo semiclandestino sette anni fa, sono arrivate sull’agenda della politica. Quindi i tempi sono maturi per spiegare un ulteriore aspetto della vicenda, finora rimasto sotto traccia ma d’importanza capitale se verranno varati provvedimenti per arrivare a un ammodernamento obbligatorio.
A provvedimenti del genere si potrebbe arrivare perché:
1. le proteste dei motociclisti cominciano a prendere quota ed essere considerate anche dai politici;
2. il 18 dicembre, nell’audizione del presidente Anas Pietro Ciucci in commissione Trasporti della Camera, sia Ciucci sia i parlamentari si sono parlati con estrema franchezza sul problema, segno che, appunto, i tempi sono maturi.
Bene, ma se si deciderà di acquistare decine di migliaia di chilometri di barriere le ordinazioni finiranno su un mercato oligopolistico. E qui comincia la seconda faccia della questione. In altri Paesi, lo Stato progetta e omologa tutti i guard-rail, per cui qualsiasi fabbricante deve solo copiare il modello che gli interessa. In Italia no: ogni fabbricante progetta omologa le sue barriere. Un sistema che richiede studi e un test per ciascuno dei tanti modelli di barriera e per questo è costoso e tiene lontani costruttori stranieri. Inoltre,rischia di creare "buchi": se una certa categoria di barriera (la classificazione è in base alla resistenza agli urti e al fatto che debbano essere installate su carreggiata normale o su viadotti) ha poco mercato, nessun fabbricante lo progetterà e omologherà, mentre col sistema "di Stato" è possibile che qualcuno provi lo stesso ad andare in produzione (essendo i costi minori, possono essere coperti anche vendendo meno esemplari).
Questioni delicate, che ovviamente spaccano prima di tutto il mondo imprenditoriale: chi è dentro vuole rimanerci con meno concorrenti possibile e tra l’altro la Procura di Trento ha ipotizzato anche l’esistenza di accordi di cartello illegali (ve ne scrissi un anno fa). Per ora, se ne discute sottovoce, in sedi lontane da quelle pubbliche. Ma probabilmente, ora che si va verso un aumento degli ordinativi, se ne potrebbe discutere di più e in modo meno discreto.