A Firenze due ragazze di 16 anni sono in fin di vita dopo un incidente avvenuto l’altra sera. Si è appena scoperto che il guidatore dell’auto su cui viaggiavano aveva bevuto (anche se non tantissimo) e fumato cannabis (anche se non si sa quanto tempo prima). Così si discute su questo e sulla particolare conformazione delle rotonde sul viale cittadino su cui è avvenuto l’incidente. A me però pare ci sia più da chiedersi come mai solo il guidatore se la sia cavata con danni fisici lievi. Temo che la risposta sia sempre la solita: aveva le cinture allacciate, mentre chi viaggiava dietro no. E piange il cuore che stavolta sia capitato a persone così giovani: non solo perché si tratta di giovani, ma soprattutto perché a quell’età si è più disponibili a imparare e – così facendo – a mettere in discussione gli errori dei grandi (che non hanno mai imparato ad allacciarsi anche dietro e non lo faranno mai).
Un po’ come capita di fronte a un I-pod (si scrive così?): i ragazzi ci godono di fronte all’imbarazzo dei genitori nei confronti di queste "diavolerie tecnologiche". E invece, quando si tratta di "diavolerie per la sicurezza", tutte le età sembrano uguali e i vizi dei genitori si perpetuano.
Forse non c’entra, ma mi viene il racconto che un mesetto fa mi aveva fatto il mio amico (fiorentino, tra l’altro) Paolo Giachetti. Lui, vigile urbano, era andato a fare lezioni di educazione stradale in una scuola elementare e gli è capitato un bimbo che, nella sua genuinità, gli ha detto che il padre gli insegna a guardarsi intorno per vedere se c’è qualche agente che possa multarlo per la cintura slacciata. Se questo è l’esempio che diamo (e gli studi dimostrano che i nostri figli assorbono tutti i nostri comportamenti), non andremo mai lontano.