Un uomo travolto e ucciso da un bus con autista drogato e l’amministratore delegato della società di trasporto pubblico che dichiara alla famiglia della vittima di essere profondamente dispiaciuto e annuncia il licenziamento in tronco di quel conducente. Tutto è accaduto ieri sera a Roma, come probabilmente sapete già. Ma a me sembra che l’amministratore delegato debba piuttosto fornirci tre cifre: quelle di quanti controlli preventivi sulla droga ha già fatto effettuare sui suoi guidatori (sono ormai obbligatori, sia sulle tossicodipendenze sia sui consumi occasionali, visto che gli ultimi dettagli applicativi sono stati definiti dalla Conferenza Stato-Regioni il 18 settembre scorso, 18 anni dopo il decreto che prevedeva tali controlli!), di quanti dipendenti sono risultati positivi e di quanti di essi sono stati sospesi dal servizio. Se quei controlli non sono ancora iniziati, ci spieghi il motivo: non è detto che sia solo cattiva volontà, perché sono norme complesse (decise anche in base a campagne politico-ideologiche) e applicarle non è facile. Ma ci spieghi tutto.
Solo così potremo davvero accettare il dispiacere del gestore del trasporto pubblico romano e credere che l’incidente di ieri sera sia dovuto alla sfortuna. Inoltre, intendiamoci bene sul concetto di sfortuna: avere un autista drogato non è più da considerare una casualità, data la diffusione degli stupefacenti oggi (ho scritto vari post in questa sezione, l’ultimo giusto l’altro giorno). Dunque, l’unica sfortuna sarebbe che l’azienda avesse iniziato regolarmente i controlli e che non fosse ancora arrivato il turno dell’autista-assassino dell’altra sera.
Infine, ricordo che – come aveva scritto la scorsa primavera sul Sole-24 Ore l’amico Paolo Giachetti – l’ambito di applicazione dei controlli anti-droga su chi svolge mansioni pericolose era stato ristretto rispetto agli analoghi controlli anti-alcol: il 30 ottobre 2007, la stessa Conferenza Stato-Regioni aveva escluso l’obbligo per quelle mansioni che si possono svolgere anche con la sola patente B. Sembra che ciò fosse stato richiesto dalle aziende, preoccupate per i costi dei controlli, e dai sindacati, intenti a proteggere la vita privata dei lavoratori (ma, se mi drogo nel tempo libero e vado al lavoro ancora sotto l’effetto della droga, non mi pare più una questione tanto privata). Senza contare che restano fuori dall’ambito dei controlli anche i padroncini dei tir, che guidano come tutti gli altri autisti ma non sono lavoratori dipendenti. Comunque, non è questo il caso degli autobus del servizio pubblico, per i quali occorre la patente D e gli autisti sono lavoratori subordinati. E allora, signor amministratore delegato, ci spieghi tutto. Sperando che tutti i suoi colleghi di aziende pubbliche e private di tutta Italia, se mandano per strada mezzi pesanti, ascoltino anche loro e accelerino i controlli prima che accadano altre disgrazie.