Era inevitabile: col passare dei mesi, si stanno moltiplicando nei listini delle case automobilistiche l’offerta di versioni “eco” di modelli già esistenti. E’ il primo e più semplice modo per affrontare l’emergenza-CO2, che per i costruttori e divenuta tale da quando la Ue per abbattere le emissioni di questo gas-serra nel campo dei trasporti ha deciso di non rimettersi più ad accordi volontari con l’industria ma di imporre limiti (non ancora quantificati, dato il pandemonio che la cosa sta creando). Ma almeno un costruttore ha ricavato una versione “eco” in modo un po’ troppo semplice e così facendo ne ha compromesso la sicurezza attiva.
Sto parlando della Seat Leon in versione Ecomotive, con cui mi è capitato di fare 500 chilometri in due giorni, su autostrade settentrionali di vario tipo (quindi un tracciato sufficientemente indicativo). Da quel che ho potuto notare, l’unica differenza evidente rispetto alla versione da cui deriva (la 1.9 TDI da 105 cavalli, che già di suo è economica e non è un fulmine di guerra) sta nell’allungamento del rapporto di terza, quarta e quinta marcia per limitare i consumi (che sono l’unico parametro da cui dipendono le emissioni di CO2, su qualsiasi auto, dalla più vecchia alla più moderna). Un allungamento esagerato: ormai sulle auto medie di oggi a cinque marce è normale tenere la quinta in qualsiasi situazione autostradale, mentre con la Leon in alcune curve (non solo in salita e talvolta persino in quarta) mi sono trovato senza la coppia necessaria a mantenere la giusta direzionalità della vettura. In parole povere, è ciò che succede quando si dimentica di scalare marcia: nonostante il motore sia ormai prossimo al minimo dei giri, la velocità è alta in rapporto al raggio della curva, con l’aggravante che al minimo non c’è abbastanza coppia motrice per influenzare con l’acceleratore la traiettoria. Con la sgradevole sensazione di un motore quasi singhiozzante che “trascina” meccanicamente le ruote, portandole su una traiettoria più larga del dovuto. Quindi l’auto non è governabile con l’acceleratore e anche lo sterzo perde molta efficacia. Insomma, si deve solo sperare che non ci siano ostacoli o altre complicazioni e che la curva sia sufficientemente larga per la propria traiettoria.
Diciamolo: capita ai guidatori somari. Ma nel mio caso non avevo ancora familiarizzato con l’auto e ho usato la stessa marcia che avrei scelto con qualsiasi altro modello di pari categoria. La differenza della Leon Ecomotive rispetto alla concorrenza è proprio l’eccessiva lunghezza dei tre rapporti superiori del cambio: per avere un’idea, la quarta della Ecomotive è più lunga persino della quinta della versione normale. Questo, peraltro, causa un ulteriore pericolo: mantenendo la quarta sui viali cittadini come si fa con la maggior parte delle auto, si arriva senza accorgersene a 60 e oltre invece che sui 50, perché quel rapporto è tanto lungo che a velocità inferiori il motore singhiozzerebbe.
Perché la Ecomotive ha rapporti così lunghi? Semplice: per avere i consumi bassi che sarebbero garantiti da un cambio a sei marce, ma senza spendere i soldi per aggiungere la sesta. Per questo, hanno fatto una quinta lunga come una sesta e una quarta lunga come una quinta normale, senza curarsi troppo dei salti di regime che così s’impongono a un motore più che onesto ma che non ha poi tantissima coppia. Capisco che la Seat non sia un marchio “premium” (anche se non molti anni fa i suoi manager ci avevano raccontato che lo sarebbe diventato), ma in fondo chiedo solo una sesta marcia oppure una quinta più “umana”. Non pretendo le diavolerie dell’Efficient Dynamics Bmw (dispositivo che spegne il motore ai semafori, paratie anteriori mobili per governare i flussi aerodinamici nel vano motore secondo la velocità e ricarica della batteria in frenata sfruttando l’energia che altrimenti andrebbe solo perduta).