Sono dieci anni che vedo poveri tecnici ministeriali cercare di arginare le offensive di politici (prevalentemente leghisti) che sulla segnaletica vogliono riportare in dialetto i nomi di città e paeselli dei loro collegi. Addirittura, in un decretone estivo (non ricordo se nel 2002 o nel 2003) si cercò persino di andare oltre i collegi, autorizzando il dialetto dappertutto. Per fortuna, l’emendamento decadde. Ma resta il fatto che decine di amministrazioni comunali, soprattutto del Nord, se ne sono infischiate e i cartelli in dialetto li hanno messi lo stesso. Incuranti della confusione che si genera nei guidatori, dei conseguenti rischi e del fatto che per legge in Italia gli unici cartelli bilingui ammessi sono quelli dell’Alto Adige, dove la lingua ufficiale è anche il tedesco. Insomma, una sorta di rivoluzione non troppo silenziosa contro i soliti lacci e lacciuoli imposti da Roma. L’hanno fatta anche a Nerviano, centro del Milanese sulla trafficata direttrice del Sempione. Ma poi sono caduti preda di un attacco di burocratite romana con pochi precedenti.
Oltre ai cartelli che indicano "Nervian" invece che "Nerviano", ho visto segnali di dosso con un ineffabile pannello integrativo: "Anomalia longitudinale convessa". Cioè la definizione di dosso così come viene data dal burocraticissimo Codice della strada, redatto da quei burocratissimi dei ministeri romani. Siamo proprio sicuri che i guidatori padani capiscano? E siamo sicuri che non siano stati gettati soldi pubblici, sia per fare i cartelli in dialetto sia per mettere pannelli integrativi inutili?
Temo che Roma Ladrona abbia fatto proseliti anche al Nord…