Giusto ieri il lettore Domenico Falbo, commentando il post sul camion che ha ucciso un operaio in un cantiere sull’A1 ("Fermatevi solo nelle aree di servizio"), ricordava che ci vogliono più controlli sui mezzi pesanti e sui loro autisti e che non si riusciranno mai a fare finché la Pubblica amministrazione continuerà a tagliare le risorse per il personale e a trattare i fannulloni come gli eroi silenziosi che ogni giorno fanno il loro dovere per tutti noi. Nella mia risposta chiarivo occorrerebbe anche fare luci su certe revisioni fatte da tecnici della Motorizzazione sui mezzi pesanti. Per un’incredibile coincidenza, un’ora fa il Tg 1 ha tirato fuori la storia di un autotrasportatore dell’Alessandrino che per queste revisioni ha perso la sua impresa.
Carlo Massone aveva acquistato nell’83 un mezzo usato che aveva i documenti in regola, ma presto scoprì difetti tecnici tali da lasciare pochi dubbi: i documenti erano fasulli e probabilmente anche i controlli cui l’autocarro era stato sottoposto dalla Motorizzazione. La vicenda è andata avanti per quasi vent’anni, ma Massone ha solo riavuto indietro meno della metà di quanto pagato: le indagini della magistratura – da quel che ho capito – non hanno potuto accertare responsabilità penali, nonostante ci fossero anche foto che documentavano alcune irregolarità. Così Massone ha dovuto chiudere. La vicenda si è poi trascinata in Parlamento e alla Regione Piemonte, dove alcune interrogazioni sono state presentate ma sono rimaste insoddisfatte.
Così su due piedi non posso giudicare se sia un caso di malagiustizia come alcuni affermano (cercate su Google le parole "Carlo Massone" e capirete). Ma la vicenda corrisponde a quanto mi dissero una decina di anni fa in un grosso centro di revisioni del Lodigiano: i controlli sui mezzi pesanti sono complessi (non sono solo quelli che si fanno sulle vetture, ma anche su impianti specifici come sospensioni pneumatiche, equipaggiamenti antincendio eccetera), ma sono governati da un meccanismo perverso. Successivamente altri mi hanno confermato che non sempre nelle officine locali dove il personale della Motorizzazione si appoggia per fare queste revisioni (la legge 870/86 consente di farle fuori dalle sedi della Motorizzazione, per agevolare le imprese) tutto funziona a dovere: possono mancare anche le attrezzature necessarie, ma farlo notare non conviene a nessuno (a cominciare dai dipendenti pubblici che perderebbero le indennità di missione e i rapporti con l’officina e per finire coi sindaci dei paesi interessati, cui per legge spetta trovare le officine idonee e chiedere alla Motorizzazione di effettuarvi le revisioni e che sono ben contenti di farlo perché così distribuiscono lavoro e servizi nel territorio dove prendono voti).
La situazione è particolarmente delicata al Sud, dove i camion sono più vecchi (giusto in questi mesi estivi, con la raccolta del pomodoro, la Napoli-Bari è invasa da cassonati con almeno vent’anni di vita). Ma anche al Nord non si scherza, anche perché si vedono più camion provenienti da Paesi dell’Est che certo non brillano per sicurezza (offrono invece – guardacaso – tariffe convenientissime ai loro committenti).
Ora sommate queste cose ai contratti-capestro che da anni costringono gli autisti a guidare più a lungo e più veloce del consentito per stare dentro con i costi. Ne derivano colpi di sonno, malori, tossicodipendenze e ubriachezza. Tutte cose che, assieme ai guasti, possono spiegare tanti incidenti apparentemente inspiegabili in cui un tir va improvvisamente fuori controllo.