Ieri la Francia ha iniziato il suo semestre di presidenza della Ue. Ci si aspetta che la nazione leader nella lotta alla mortalità stradale agisca per estendere i suoi buoni risultati a tutta l’Europa, soprattutto all’indomani dello studio dell’Etsc secondo cui saranno pochi gli Stati a centrale nel 2010 l’obiettivo Ue del dimezzamento delle vttime rispetto al 2001. Per questo, l’Etsc pensa e auspica soprattutto che la Francia dia impulso a una nuova direttiva per consentire di punire anche gli stranieri, problema esploso con l’aumento del traffico transfrontaliero e dei controlli di velocità automatici (non fermando subito il trasgressore, questi viene raggiunto solo dal verbale e solo quando è tornato a casa all’estero, dove oggi è molto difficile costringerlo a pagare la multa e sospendergli la patente, come dimostra il caso del guidatore di Cayenne all’origine dello scontro tram-bus che a febbraio costò la vita a una donna davanti al Palazzo di giustizia di Milano).
L’Etsc batte su questo anche perché ridurre la velocità significa anche tagliare le emissioni di CO2 (che sono proporzionali al consumo di combustibile), anche se poi correttamente fa capire (sia pure non esplicitamente) che sarebbe poco più di una goccia nel mare.
L’altra cosa che l’Etsc chiede alla Francia è la fissazione di ulteriori obiettivi di riduzioni dei morti, nel medio periodo. Su questo temo si rischi di restare alla pura teoria. Non solo perché già l’imposizione del dimezzamento entro il 2010 sarà inattuato in molti Stati, ma anche perché migliorare quando si è già progredito (e in effetti da dieci anni in qua le riduzioni della mortalità sono state continue) significa doversi sforzare molto per andare ad agire non solo sugli aspetti più classici e relativamente semplici (come appunto la velocità), ma anche su quelli più difficili da trattare.