Ieri il mio giornale ha commentato molto duramente il fatto che il decreto milleproroghe convertito in legge l’altro giorno sia diventato di fatto una terza Finanziaria, dopo quella "vera" e il decretone fiscale che hanno tenuto banco in autunno. Una terza Finanziaria per accontentare a pioggia lobby nazionali e comunità locali, in vista delle elezioni. In realtà sono stati accontentati in molti, ma non tutti: qualcuno aveva tentato di infilare nel milleproroghe anche la liberalizzazione del tuning (le elaborazioni tecniche ed estetiche dei veicoli, oggi di fatto vietate dal Codice della strada).
Non credo che l’operazione non sia riuscita per il solo fatto di essere giuridicamente improponibile: è vero, salvo fare incredibili sforzi di fantasia, non c’erano né i requisiti di necessità e urgenza indispensabili per regolare la questione con un decreto né un’affinità di materia coi contenuti dl milleproroghe. Ma, a guardar bene, probabilmente questi requisiti non li avevano nemmeno tante altre norme infilate nel milleproroghe durante le ultime settimane. E allora il punto probabilmente è stato un altro: il fronte del tuning non è compatto.
Da quello che mi pare di capire, ci sarebbero liberalizzatori a oltranza e liberalizzatori che si rendono conto dell’esigenza di fissare comunque paletti seri, per evitare pasticci tecnico-giuridici e rischi per chi circola con auto elaborate. Quindi, mancherebbe un fronte comune, in grado di superare le resistenze di chi vuol mantenere la situazione immutata. Di fronte al rischio di fare una liberalizzazione pasticciata, questo mi sembra il minore dei mali. Per ora la questione è rinviata: resta solo da vedere se il prossimo Parlamento riuscirà a trovare un punto di equilibrio.