L’altro giorno vi ho scritto della proposta di utilizzare la liberalizzazione del tuning come chiave per risolvere uno dei problemi di sicurezza più gravi legati ai veicoli: le carenze qualitative di molti pezzi di ricambio. Infatti, non esistono norme né europee né nazionali che obblighino a munirsi di una certificazione di qualità, nemmeno per quei pezzi del veicolo che hanno funzioni strutturali e quindi importanti per la sicurezza. Alcuni tra coloro che vogliono liberalizzare il tuning (in particolare, il Comitato Tuning, che “fa perno” sull’Università di Parma) sostengono la loro proposta anche col fatto che si potrebbe cogliere l’occasione per inserire nella stessa norma anche la soluzione al problema delle certificazioni. Ma ora, ripescando una carta dell’autunno scorso, vedo che la Fiat (che pure non mi risulta proprio contraria al tuning) ha in mente qualcosa di diverso.
La carta è la relazione del presidente all’assemblea annuale dell’Anfia, l’associazione dei costruttori italiani, che come potete immaginare fa sostanzialmente capo alla Fiat. L’assemblea si è tenuta a Roma l’11 ottobre scorso (pochi giorni dopo il convegno del Comitato Tuning che aveva fatto la sua proposta sulle certificazioni) e il presidente Eugenio Razelli (ex-Fiat, appunto) nella sua relazione ha convenuto sulla gravità del problema, indicando però una soluzione diversa: quella europea. infatti, la Ue sta discutendo una direttiva-quadro sulle omologazioni. Razelli ha auspicato che la direttiva individui un elenco di “pezzi di ricambio ritenuti essenziali da un punto di vista della sicurezza e dell’ambiente e che a questi venga assicurato un obbligo di certificazione di prodotto da parte di un ente indipendente e internazionalmente riconosciuto”.
Personalmente, condivido. Anche perché subito dopo Razelli ha anche proposto che la direttiva imponga pure “l’obbligo di indicare in fattura il tipo di ricambio utilizzato”, cosa che contribuirebbe a contrastare l’opacità di un settore dove il meccanico promette al cliente un risparmio dovuto alla manodopera e invece spesso legato all’uso di ricambi economici fatti pagare come pezzi di qualità. Resto perplesso sui tempi, che quando si parla di direttive sono sempre lunghi.