Sapete che a fine luglio, una settimana prima che il Governo varasse il decreto Bianchi con la stretta su alcol, droga e velocità, un buon tratto dell’autostrada Milano-Genova è rimasto quasi senza sorveglianza per alcune ore? La pattuglia della Stradale era impegnata a scortare un camion trovato in palese sovraccarico: oltre perdere tempo alla ricerca di una pesa pubblica fuori dell’autostrada (di solito i gestori autostradali “investono” poco su queste attrezzature), hanno dovuto garantire che l’autocarro giungesse a destinazione in tempo, perché l’azienda per la quale stava effettuando il trasporto ha minacciato di chiedere i danni agli agenti in caso di ritardata consegna (lasciate lavorare l’Italia che produce!)
E sapete che 48 ore dopo l’entrata in vigore del decreto, proprio quando bisognava fare la faccia feroce, un povero agente della Stradale al lavoro da non so quante ore dormiva stravolto su un’Alfa 155 di servizio vecchia di dieci anni? Era stato lasciato solo, con un’auto di quelle coi lampeggianti invisibili al sole, a “presegnalare” la presenza di carri attrezzi impegnati nel recupero di un camion ribaltatosi sulla statale Bari-Taranto. Il tutto mentre sopraggiungevano auto e moto che si sorpassavano e risorpassavano a velocità “poco consone” alla situazione (è lunedì mattina, lasciate arrivare i lavoratori in ufficio dalla villeggiatura!)
Sono due immagini che fanno il bilancio dei primi due weekend di applicazione del decreto Bianchi: un giro di vite solo virtuale.
Una settimana fa non me l’ero sentita commentare le statistiche su incidenti, morti e feriti del weekend che, come ogni lunedì estivo lunedì, erano state riportate dai giornali: due soli giorni sono troppo pochi per trarre conclusioni significative e per far sballare i dati basta che in un sinistro mortale sia coinvolta un’auto col solito guidatore a bordo o un autobus che trasporta 60 persone. Dopo il secondo weekend qualcosa forse si può già dire ed è sintetizzata proprio da quelle due immagini: inasprire le sanzioni non basta quando l’immagine dei controlli è quella che ho descritto sopra. Certo, al telegiornale le pattuglie si vedono e sono ben equipaggiate; certo, le statistiche della Polizia stradale segnalano un costante aumento della presenza degli agenti e nessuno si sogna di metterle in dubbio. Ma poi la gente fa i conti con ciò che vede o non vede per strada e tira le sue conclusioni: il Paese reale non è quello che si vede sui mezzi d’informazione. Una divaricazione pericolosa: anche quando avremo controlli davvero severissimi, la gente non ci crederà comunque e continuerà a commettere infrazioni. Lo dimostra il caso dei rilevatori di passaggio col semaforo rosso, di cui abbiamo tanto discusso nella sezione “Semafori con foto” di questo blog.
Solo così mi spiego quello che continuo a vedere in questi giorni viaggiando per le strade del Sud: velocità folli (e non certo in rapporto ai limiti troppo bassi o presunti tali), sorpassi assurdamente pericolosi quando basta aspettare poche centinaia di metri perché la strada si allarghi e altre pericolose stupidaggini fatte da chi crede sia importante anche un decimo di secondo. La cosa peggiore è che ho visto fare queste cose non solo dai “soliti” sconsiderati al volante di Bmw da 150 cavalli in su: ci sono anche conducenti di tranquille e ormai vecchiotte monovolume francesi (Scénic e Picasso). Come pretendiamo che rispettino il decreto Bianchi se non capiscono nemmeno che su strada aperta al pubblico – contrariamente alla pista e ai rally – guadagnare un decimo di secondo è nulla in confronto ai minuti che si possono perdere per banali coincidenze di traffico? Certo non lo capiranno pensando che guadagnare un decimo di secondo può far perdere la vita. L’unico modo per cominciare a farli ragionare sarebbero i controlli. Ma quelli…