Il signor Italo Salvati, di Messina, vive da quattro anni un’odissea con la sua Fiat Stilo. Era convinto di aver fatto un buon affare comprandone un esemplare nuovo ma danneggiato nei piazzali austriaci della Fiat. In effetti, non aveva fatto nulla di strano: non è raro che, per grandine, cadute dalle bisarche o altri motivi, ci siano auto che non riescano ad arrivare integre alle concessionarie e così le case le “disconoscono”: le cedono a commercianti che le ripristinano e le rivendono, ma senza la garanzia del costruttore. Solo che la Stilo del signor Salvati – come si è scoperto successivamente – era tanto danneggiata da indurre la Fiat a rivenderla come rottame, escludendo che potesse essere in grado di circolare pur dopo eventuali riparazioni. Altrettanto danneggiate furono altre 900 auto, che dovrebbero essere finite anch’esse sul mercato. Oggi quella Stilo circola per le strade di Messina. Almeno nei giorni in cui non è in officina per i tanti guasti causati dalle sue sfortunate origini. E gli airbag non funzionano: dopo tanti tentativi di riparazione, il signor Salvati si è arreso.
Che cosa c’entra tutto questo col tuning (l’elaborazione estetica e tecnica delle auto), cui faccio cenno nel titolo di questo post? C’entra: se quella Stilo oggi può legalmente circolare nonostante il costruttore l’abbia avviata alla rottamazione annullando i documenti necessari per immatricolarla, è solo perché l’hanno fatta passare dalla Germania per “rifarle una verginità”. E la Germania è -appunto- il Paese del tuning.
Voglio dire che oggi uno degli argomenti più usati da chi vuol liberalizzare il tuning è il fatto che esso in Germania è autorizzato da sempre, anche per merito di un sistema di certificazioni che eviterebbe il rischio di elaborazioni incompatibili con le caratteristiche di sicurezza delle auto. Bene, queste certificazioni spesso provengono dagli stessi enti che hanno giudicato la Stilo del signor Salvati idonea alla circolazione. E che, una decina di anni fa, hanno omologato un tipo di pastiglie freni sul quale gli addetti ai lavori si sono a lungo interrogati. Di queste cose difficilmente si parla sui giornali, ma accadono. Non si sa bene se per leggerezza o malafede dei tecnici certificatori o ancora per l’eccessiva permissività delle norme locali. Sta di fatto che accadono e per la sicurezza non è un bene.
Quindi il sistema tedesco sarà anche migliore di quello italiano, ma non è quel paradiso di rigore ed efficienza che siamo tutti abituati a immaginarci. E allora la domanda sorge spontanea: è proprio necessario trapiantarne un pezzo su un corpo già malato come quello del nostro Paese, dove già la Motorizzazione funziona poco e le revisioni effettuate dalle officine private sono poco serie (per ammissione degli stessi rappresentanti di categoria)?