Multe in aeroporto – Le sbarre servono a far cassa, il caos si è solo spostato

Avete notato i bivacchi di automobilisti sui viali d’ingresso negli aeroporti? Tutti lì con le loro auto, non di rado di dimensioni improponibili, a intralciare il traffico in attesa dello squillo con cui il passeggero aereo che stanno attendendo li avvisa di essere atterrato: quello, finalmente, è il momento in cui gli automobilisti possono varcare le temute sbarre che filtrano gli accessi ai piazzali antistanti le aerostazioni. È la dimostrazione che la mentalità delle repressione all’italiana, in Italia, non funziona.

Questa collaudata mentalità porta a fare leggi che spalancano le porte alle tecnologie per rilevare le infrazioni in automatico, credendo (o fingendo di credere, perché è così comodo e lucroso) che caos e indisciplina si combattano solo così. Nel caso degli aeroporti, nel 2012 (legge 33/2012, articolo 1) ci siamo dati una norma che sdogana i sistemi a sbarre che controllano gli accessi ai piazzali e le uscite, multando in automatico (81 euro, 38 per ciclomotori e motoveicoli a due ruote) chi vi sosta oltre i pochi minuti consentiti dal gestore dello scalo. In alternativa, chi sfora deve pagare il parcheggio.

Ufficialmente, questo è un modo per eliminare la sosta selvaggia davanti all’aerostazione. Nei fatti, è un modo per fare cassa. Per il Comune nel caso delle multe, per il gestore nel caso dei parcheggi a pagamento. E i risultati si vedono: il caos si è solo spostato dai piazzali ai viali di accesso. La soluzione vera sarebbe quella che hanno trovato a Bologna: un’area “polmone” esterna al piazzale e gratuita, messa a lato del viale d’accesso (anche se si sta rivelando angusta rispetto al volume di traffico). Qui almeno qualcuno può attendere il momento giusto per varcare le sbarre, in pace e senza inquinare con inutili e paradossali giri (non siamo mica in pieno centro alla ricerca di un buco per parcheggiare).

Una soluzione impossibile? Mica tanto: negli aeroporti gli spazi solitamente non mancano, a parte casi disperati come Linate, Palermo (stretta dal mare) e Reggio Calabria (in piena città). E infatti adesso ci sono arrivati anche a Bari, dove stanno trovando soluzioni alternative (vedremo se funzioneranno), ma solo dopo aver prima creato ingorghi con sbarre non facilissime da usare per chi ha il Telepass e poi deciso di togliere la franchigia di 15 minuti di permanenza gratuita nell’area a pagamento. Ma, in generale, incassare è più importante che fare ordine.

In questo filone, si inquadra anche la brutta storia delle multe abusive della Polizia locale di Milano sul piazzale di Linate, in cui il Comune sta modificando affannosamente i verbali ma senza arrivare a una soluzione vera né rispondere a chi chiede ufficialmente conto del suo operato.

Tutto ciò accade in un Paese in cui ancora troppo spesso l’auto è necessaria per andare all’aeroporto: gli scali serviti da ferrovia sono una minoranza e non di rado con coincidenze penalizzanti per chi non parte dal centro della città.

  • Maurizio Caprino |

    Temo sia la faccia nascosta del low cost: le società aeroportuali (pubbliche) cercano di massimizzare i ricavi (anche) da parcheggi per poter sovvenzionare le compagnie a basso costo, che altrimenti andrebbero altrove.

  • Gianni |

    Concordo, avrei inserito anche Orio al Serio con tariffe paragonabili da trasfusione di sangue.

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