150 all’ora in autostrada: qual è il vero pericolo

Puntuali come supertreni giapponesi ad alta velocità, ecco i contrari all’embrione di una proposta di innalzare a 150 all’ora il limite di velocità in autostrada. C’è chi lo fa con parole assertive ma senza alcuna argomentazione dimostrata, come se già il solo parlarne fosse blasfemo. C’è chi dice che alzando di 20 km/h il limite alzeremmo di altrettanto (ponendola ai 200 all’ora) anche la soglia oltre la quale scattano la sospensione della patente e la decurtazione di 10 punti. E c’è chi cita dati, apparendo commentatore più affidabile salvo scoprire che si riferisce soprattutto a esperienze estere mentre in materia di sicurezza stradale prevalgono le caratteristiche delle strade, del territorio e dei guidatori di ogni singolo Paese. La verità è che:

  • ci vorrebbe una sfera di cristallo per sapere come andrebbe davvero, nel non probabilissimo caso in cui questa proposta andasse in porto, superando gli scogli su cui si sono infrante quelle precedenti (e anche una modifica al Codice della strada approvata al tempi del ministro Pietro Lunardi);
  • l’imprevedibilità è dovuta soprattutto al fatto che ormai troppi guidatori si distraggono – chi di continuo chi saltuariamente – con lo smartphone e questo forse accade meno spesso quanto più si alza la velocità;
  • la proposta di innalzamento del limite potrebbe prevedere anche una rimodulazione delle sanzioni, ma comunque lo spettro della sospensione della patente resterebbe ben lontano perché tanto per essere consentiti i 150 all’ora ci vuole il Tutor, che però non consente di identificare il guidatore, che quindi di fatto pagando 286 euro di multa supplementare evita ogni conseguenza sulla patente;
  • essere contrari ai 150 non è affatto sbagliato, anzi; però occorre farlo con le argomentazioni giuste.

La più giusta di tutte sarebbe quella più recente sperimentata sul campo dal 29 maggio scorso, quando si è saputo il Tutor è stato spento perché la Corte d’appello di Roma ha condannato Autostrade per l’Italia per averne contraffatto il brevetto. Ma questa non è un’argomentazione affidabile: non ci sono abbastanza dati sugli incidenti in autostrada.

Per ora sappiamo solo che a giugno c’è stata – sorprendentemente – una sensibile diminuzione degli incidenti mortali, che a luglio c’è stato un aumento (in rapporto al traffico), che il 27 luglio il Tutor è stato riattivato solo parzialmente (30 portali su 300) e che dal 29 maggio a oggi i conti sono sostanzialmente in pari (tranne un centinaio di sinistri in più, ma solo di quelli senza danni a persone). Per fare una prima analisi seria con dati pubblici, dovremo attendere praticamente un anno, quando arriverà il consueto bollettino semestrale Aiscat che fornisce la mortalità in rapporto al volume di traffico e la dettaglia per singolo tratto (permettendo di distinguere tra quelli con e quelli senza Tutor).

Nell’attesa, possiamo dire che 150 all’ora sono da vent’anni la velocità che mantiene l’italiano medio che frequenta la corsia di sorpasso di un’autostrada senza troppe curve né troppo traffico quando sa di non rischiare una multa. Perciò a 150 molti si sentono padroni della situazione. Ma questa è una sensazione sbagliata: chiunque abbia provato a fare un corso basico di guida sportiva in pista ha imparato per prima cosa che il regno dell’alta velocità (quello in cui le manovre di emergenza diventano difficili anche con il controllo elettronico della stabilità, perché si superano i limiti fisici di aderenza) può cominciare fin dai 120 e da questa soglia in su i rischi crescono rapidamente.

Se avessimo frequentato tutti quanti un corso del genere, ci andremmo ben più cauti a parlare. Chi si è appassionato ed è andato oltre, frequentando altri corsi di livello sempre superiore, è probabilmente riuscito a capire come padroneggiare davvero il mezzo anche a velocità più elevate. E sa che ci vogliono sensibilità, occhio, conoscenze teoriche, concentrazione assoluta e allenamento continuo. Un cocktail alla portata di una sparuta minoranza. Tutti gli altri si sentono sicuri solo perché non si sono mai trovati in una situazione davvero delicata.