I corsi pratici per motorini, le buone autoscuole che restano deserte e il mercato delle patenti

C'è chi, come la Fondazione Ania, ripete ossessivamente (e meritoriamente) che ci vuole l'esame pratico anche per guidare un motorino, spendendo anche un po' di soldi in corsi-pilota che dimostrano la sua utlilità. E c'è chi, la stragrande maggioranza dei genitori, semplicemente se ne frega. Come se la vita dei loro figli mentre vanno in strada dipendesse solo dalla fatalità, da generiche raccomandazioni alla prudenza o da minacce del tipo "se ti vedo mentra fai lo spericolato ti riempio di botte". A nessuno passa per la mente che potrebbe essere anche questione di preparazione. Ce lo conferma il povero Cesare Galbiati, titolare di un'autoscuola, che racconta alla rivista della sua associazione di categoria ("Il tergicristallo", dell'Unasca) di aver investito 2mila euro nell'acquisto di un motorino per effettuare corsi pratici e di averlo potuto usare finora per un solo allievo, che gli ha fatto incassare 200 euro.


Con queste premesse, Galbiati si chiede come sarà possibile adeguare l'insegnamento ai nuovi veicoli che ci aspettano. Prendete un'auto elettrica: si guida in maniera ben diversa da una tradizionale (non fa rumore – quindi non dà al guidatore la sensazione di velocità e non viene sentita dai passanti che le danno le spalle -, non ha il cambio e ha un modo particolare di erogare la potenza), quindi dovrebbe essere al centro di corsi dedicati. Ma costa almeno 25mila euro. Qual è l'imprenditore che li spende, sapendo che non avrà clientela?

Non so come se ne potrebbe uscire. Se la gente se ne frega, un po' è per l'atteggiamento sbagliato verso la sicurezza stradale ("la patente è solo un pezzo di carta, se proprio occorre basta comprarselo sul mercato della corruzione o del falso"). Ma è anche colpa di buona parte delle autoscuole stesse, che per decenni hanno largamente assecondato questa mentalità, insegnando lo stretto indispensabile e talvolta offrendosi come intermediarie per l'"acquisto" delle patenti. Con queste premesse, anche un cliente di buona volontà è portato a diffidare.

Forse ci vorrebbe qualche legge che imponga ai clienti di affidarsi di più alle autoscuole. Che però a quel punto non avrebbero più alibi.